Punto 1: Benvenuti a San Vito Sul Cesano
Benvenuti a San Vito sul Cesano, un borgo medioevale che sorge a 354 mt s.l.m e rappresenta uno dei più caratteristici “balconi naturali” dell’intera vallata del fiume Cesano. La sua tipica pianta urbana, circondata da mura, e con la caratteristica disposizione dei vicoli interni, detta a “lisca di pesce”, ne fa uno dei Borghi che meglio rappresenta lo schema classico di inurbamento tipico delle valli della Regione Marche.
Dal portale di accesso in pietra, a forma di arco, infatti, si sale percorrendo Via F.lli Bandiera, una ripida salita, che idealmente taglia il borgo a metà, e che conduce alla piazzetta principale del Paese, detta “Piazza San Francesco”.
Dalla direttrice principale si diramano innumerevoli viuzze, che si irradiano dall’interno verso l’esterno, creando scorci caratteristici e suggestivi.
Quasi tutti conducono verso le mura di cinta, da cui si può ammirare un vasto panorama, che spazia dall’Adriatico fino al monte Catria, passando per le dolci colline marchigiane.
San Vito sul Cesano sorge in un territorio, la Valle del Cesano, ricco di passato e storia, in cui nacque e si sviluppò l’antica città romana di Suasa, l’Abbazia benedettina di San Lorenzo in Campo, di epoca romanica, e più su, alle pendici del Monte Catria, l’Eremo di Fonte Avellana fondato da San Romualdo. Non meno importanti, furono, inoltre, le numerose pievi e i tanti castelli sorti sulle colline lungo la vallata, ai due lati del fiume Cesano.
Il borgo di San Vito sul Cesano, così come quasi tutti i borghi sulle alture, nasce da un preciso percorso che ha inizio con gli insediamenti romani di fondo valle e termina sui rilievi collinari ad essa adiacenti.
Con l’avvento delle invasioni barbariche, infatti, le popolazioni dei villaggi e delle città poste a fondo valle, esposte ai saccheggi e alle distruzioni portate dai popoli invasori, cercarono scampo rifugiandosi sulle alture naturali, dove a volte erano già esistenti, ville romane di per sé stesse autosufficienti, o piccole comunità monastiche. In cambio di lavoro e manodopera, queste offrivano rifugio e sicurezza.
La reciproca sinergia dava così origine a primitive fortificazioni, che col tempo si consolidavano in mura di cinta, bastioni e portali d’accesso in pietra e muratura.
Infatti San Vito sorge a nord della Pieve, un antico abitato, probabilmente un vicus romano, posto in pianura sulla sinistra del fiume Cesano; per la sua felice posizione geografica, raggiunse una notevole importanza economica e sociale, dovuta ai commerci con altri popoli civili progrediti, anch’essi stanziati lungo la vallata, dal mare al Monte Catria.
Probabilmente il villaggio fu saccheggiato e distrutto dai barbari di Alarico re dei Goti nel 310 d.C., quando con le sue orde invase l’intera Valle del Cesano e fu allora che la popolazione si trasferì sull’alture danno origine al Borgo vero e proprio.
Il primo storico che scrisse in merito a questo villaggio scomparso dell’antichità, fu il padre domenicano Vincenzo Cimarelli, vissuto a cavallo fra il 1500 e il 1600, autore del Volume “Istorie dello Stato d’Urbino”.
Nativo della vicina Corinaldo, ebbe modo di esplorare attentamente le macerie disseminate presso la Pieve, comprendenti condutture di acqua, rozze e primitive cloache, fondamenta di edifici, tombe alla cappuccina, riconducibili ad una vasta necropoli, nonché ossa umane, vasi cinerari, armi, monete, monili d’oro e moltissime selci lavorate, dette “frecce di pietra focaia” – alcune tuttora conservate presso l’Antiquarium di San Lorenzo in Campo.
Furono rinvenute anche formelle ornamentali in pietra, ora visibili incastonate nella facciata della Chiesa della Pieve Vecchia.
Ma il ritrovamento più interessante è dato da una importante epigrafe funeraria, che attesta l’importanza del villaggio romano di San Vito.
Nella stele si legge infatti che tale manufatto funebre fu dedicato a due giovani militi, Marco Valerio Florenzio e a suo fratello Marco Valerio Erodio, da parte dei genitori.
Non ci è dato sapere se i due ufficiali dell’esercito iniziarono la loro carriera nella vicina città romana di Suasa, o altrove, di sicuro però i loro genitori abitavano quello che era allora un importante centro urbano, ricco e fiorente e di notevole interesse demografico ed economico.
Attualmente il monumento epigrafico è ora conservato presso la Galleria Nazionale di Urbino.
Purtroppo però non si conosce il nome del luogo del rinvenimento poiché in passato non sono mai stati fatti scavi sistematici e molti reperti sono andati perduti.
Nemmeno l’attenzione che vi pose Ludovico Antonio Muratori, storico ed intellettuale settecentesco, considerato il padre della storiografia italiana, riuscì a stabilirne la provenienza o a dirci qualcosa di più.
In questo antico luogo sorge la Chiesa della “Pieve Vecchia”, possedimento del monastero di Sant’Appollinare in Classe di Ravenna fin dal 1037, come indicato su di una antica pergamena.
All’interno della Chiesa è custodito un pregevole quadro della Madonna Addolorata la cui datazione si aggira intorno al 1800, raffigurante Maria Addolorata assorta in contemplazione dei simboli della passione di suo figlio, il Cristo, posti nella parte inferiore della tela: la corona di spine, la punta della lancia insanguinata e un calice con tre enormi chiodi.
La storia antica di San Vito sul Cesano, quindi, affonda le radici nella notte dei tempi.
Territorio fiorente e posto in posizione favorevole per la presenza di terra fertile, acqua e clima mite, fu occupata fin dall’Età della Pietra da tribù nomadi e pastori, sin dal V-IV millennio a.C.; successivamente il villaggio rurale fu abitato dagli Umbri, dagli Etruschi, dai Celti o Galli Sénoni e poi dai Romani.
Successivamente con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, il territorio comprendente San Vito, passò sotto la giurisdizione dell’Esarcato di Ravenna, periodo in cui si ha la fondazione della Chiesa della Pieve Vecchia, con annesso centro monastico.
Per un periodo di tempo, San Vito fu sotto la dominazione della vicina città di Fano, ma fu periodicamente contesa fra Malatesta e Sforza.
Nella seconda metà del 1400 passò a Giovanni della Rovere ed entrò così a far parte del ricco e prospero ducato d’Urbino, ma quando egli morì l’intero territorio tornò a far parte dello Stato Pontificio.
Durante la dominazione napoleonica, per breve tempo, fu compreso nel cantone di Pergola, successivamente passò a Serra Sant’Abbondio quando venne restaurato il dominio del Papa.
Dopo l’Unità d’Italia, con Regio Decreto, il comune di San Vito assunse la denominazione di San Vito sul Cesano, ma già nel 1868, pochi anni dopo, quindi, fu annesso al comune di San Lorenzo in Campo, diventandone una frazione.
All’epoca contava una popolazione urbana di 176 abitanti, e una agricola, dislocata nel suo ampio territorio, di 460 abitanti; era dotato di una scuola elementare, di un Monte Frumentario e di una congregazione di carità.
Nell’unica porta medievale superstite, sono ancora visibili gli stemmi dei Malatesta, Montefeltro e Della Rovere.